Thomas Dohmke, CEO di GitHub: “L’IA è una questione di fiducia”

“Questo è il momento più entusiasmante per diventare programamtori”. Altro che estinzione dei coder per mano dell’IA, Thomas Dohmke - il CEO di GitHub – è convinto che l’intelligenza artificiale moltiplicherà il lavoro di chi scrive codice.
“Lo ripeto agli studenti e lo dico sempre anche ai miei figli: [oggi] c’è chi esce dall’università e lancia startup da milioni con team piccoli. È come negli anni ’90 con internet: potevi costruire un’azienda globale dal garage. Oggi quel garage può essere a Parigi o a Berlino. Questo è ciò che ci permette l’IA”.
Dohmke guida da quattro anni GitHub, una famosa piattaforma che consente a milioni di sviluppatori di archiviare, gestire e condividere codice sorgente. È un sostenitore convinto dell'open source, dell'automazione del software e dell'accessibilità della programmazione attraverso l’intelligenza artificiale.
L’IA può sbagliare, servono umaniLa scrittura del codice, nell’era dell’IA, sta subendo una mutazione profonda. E Dohmke ha provato a spiegarlo nel suo intervento a VivaTech, la fiera di Parigi dedicata a startup e innovazione.
Steven Levy, il giornalista di Wired USA che lo ha intervistato, ha esordito con una domanda sulle “allucinazioni” prodotte dall’IA. “Come avete affrontato il fatto che l’IA potrebbe non avere sempre ragione?”, ha chiesto.
“Estattamente come affrontiamo la maggior parte dei problemi nelle aziende: attraverso gli esseri umani. Ne abbiamo bisogno – ha risposto Dohmke -. C’è questo mito secondo cui l’IA richiederà meno persone nelle imprese. Ma è vero solo se pensi che continueremo a produrre la stessa quantità di codice di oggi. Se invece l’IA scrive il 90% del codice, allora produrremo molto più codice. Chi lo revisiona tutto? Chi verifica che ciò che ha generato l’IA sia coerente con gli obiettivi aziendali, con i processi di sicurezza, con la correttezza di ciò che si sta costruendo? Abbiamo quindi bisogno dell’umano come direttore d’orchestra: un supervisore di tutto questo lavoro [crescente]”.
Il concetto “Zero trust”In GitHub, Dohmke applica il concetto “zero trust”. “Molte aziende non permettono a un singolo sviluppatore di andare in produzione da solo – ha spiegato -. Serve un secondo, un terzo sviluppatore a revisionare il lavoro per evitare vulnerabilità o attacchi interni. Con l’IA, si arriverà a un livello superiore in cui sarà necessario controllare costantemente ciò che ha fatto l’agente e se è sicuro distribuirlo”.
Il pericolo potrebbe essere l’assuefazione e la pigrizia. Esiste (forse) il rischio che un giorno i programmatori – come guida una Tesla senza mettere le mani sul volante – scriveranno solo prompt e lasceranno fare tutto al sistema.
Dohmke ammette che “dobbiamo essere molto attenti” a ciò che producono gli agenti. Fa un esempio semplice: “Se prenoti una vacanza tramite un agente, e non controlli la somma o la destinazione, potresti trovarti all’aeroporto a chiederti cosa ha fatto davvero l’IA. Questi strumenti ci aiutano a trasformare le idee in realtà. Ma non generano le idee, e non possono verificare se ciò che è stato creato corrisponde a quegli obiettivi aziendali, a quella missione, a quella visione”.
Possiamo fidarci di un Agente IA?Il nodo cruciale che riguarda il futuro, secondo il CEO di GitHub, riguarda dunque la fiducia. Se è certo che un’IA va costantemente monitorata, è anche vero che in questa tecnologia bisognerà credere. “Come padre di due figli, mi chiedo: mi fido più del guidatore Uber o di Waymo per portare mio figlio a calcio? Molti genitori oggi si fidano più di Waymo. Abbiamo avuto così tanti problemi che la fiducia è cambiata. Serve la stessa fiducia verso gli agenti IA. Chi saprà fidarsi e usarli al meglio supererà gli altri nel settore”.
C’è un altro rischio alle porte: quello che un giorno i programmatori smettano di imparare le basi del loro lavoro, convinti che non serva fino in fondo capire ciò che esegue l’IA.
Dohmke fa intendere che questa trasformazione potrebbe appartenere al normale corso del progresso: “Chi si ricorda i limiti di memoria di MS-DOS? O come ottimizzare un gioco in Assembly per il Pentium? Quella conoscenza non è sparita, ma è in mano a una minoranza”.
Nel bene o nel male, nessuno può fare a meno dell’IA. “Sarebbe come scrivere in in COBOL, un linguaggio inventato negli anni ’50, quando Eisenhower era presidente”, ha detto ridendo Dohmke.
Certo, ha aggiunto il CEO di GitHub, “ci sono governi che ancora cercano persone con esperienza su Windows 95: parliamo di 30 anni fa. Ci sarà sempre chi gestisce vecchie tecnologie in vecchi modi. Ma oggi, il livello più alto [nella programmazione] si raggiunge usando l’IA”.
Il software sta mangiando il mondo?Più IA, significa più codice. Dohmke sul suo blog ha scritto: “Il software sta mangiando il mondo”.
A Parigi ha provato a spiegare il significato delle sue parole: “Il mondo ruota intorno al software, e gli sviluppatori stanno annegando nel lavoro. Gestiscono milioni di righe di codice scritte da altri, sistemano bug introdotti da altri. Sviluppare software è lavorare dentro l’entropia, nel caos creato da qualcun altro. E quell’entropia cresce continuamente. Stiamo tutti aggiungendo codice, e con l’IA, ancora di più. Abbiamo quindi bisogno dell’IA per gestire la complessità che essa stessa introduce nei nostri sistemi”.
E di certo, ribadisce Dohmke, avremo bisogno di programmatori umani. Al pubblico di VivaTech ha affidato il suo sogno: “Vorrei un mondo dove tutti sanno programmare con la stessa facilità con cui leggono, scrivono, fanno i conti, capiscono l’arte e la scienza”.
La Repubblica